IO MI SONO SCOCCIATA
Sono la primogenita in una famiglia di 4 persone: mia madre, mio padre e mio fratello di 3 anni più piccolo di me. Sin da piccola ho vissuto il confronto – a volte lo scontro – fra l’essere figlia femmina e l’essere figlio maschio. Confronto e differenze che non ho mai accettato.
Certe mansioni erano richieste a me e mai, o quasi, a mio fratello: andare a comprare il pane, andare a prendere mio fratello all’uscita della scuola materna, tornare da sola da scuola, andare/tornare da sola dalle compagne di scuola per i compiti, rifare il mio letto, lavare i piatti (tutto durante il periodo delle scuole elementari).
Da più grande mi si chiedeva di aiutare a pulire casa, accompagnare mia madre per la spesa, rientrare ad una certa ora la sera… mio fratello aveva più scelta, anche negli orari di rientro…
La possibilità di usare l’auto di mio padre me la son dovuta conquistare (a differenza di mio fratello che poteva utilizzarla a piacimento).
Una volta si son persino dimenticati di venirmi a prendere dopo gli allenamenti di pallacanestro… mentre io ero obbligata ad accompagnare tutta la famiglia durante le gare di ciclismo di mio fratello (mio padre era diventato direttore sportivo della sua squadra)…
Naturalmente le differenze di comportamento e trattamento da parte dei miei genitori nei nostri confronti, negli anni, hanno portato a creare distanze affettive fra noi due… fratelli (già, mica si dice ‘sorelle’ se non si è tutte femmine!).
Poi, però un evento mi ha cambiata profondamente e mi ha permesso di cambiare atteggiamento sia nei confronti di mio fratello (che oggi amo e apprezzo come nessun altro) sia nei confronti dell’universo femminile.
Rivedo la scena come fosse adesso: avrò avuto circa 25 anni quando un giorno, in cucina, mio fratello si rivolge a nostra madre. «Non voglio più che mi stiri le camicie, da oggi lo faccio io; non voglio passare tutta la vita ad essere dipendente da una donna».
Sicuramente il suo discorso fu molto più articolato (io ho il dono della sintesi; mio fratello è un eccellente oratore), ma il senso era quello e va ben oltre la questione della semplice stiratura di camicie.
Da quel momento ho cominciato a riavvicinarmi a lui e a riflettere con maggiore attenzione sui miei comportamenti, sia in quanto donna sia come figura attiva nella relazione: non vittima ma, spesso, complice di certe dinamiche tanto facilmente odiate e stigmatizzate…
E oggi mi sono scocciata di un sessismo di cui le donne stesse siano complici.

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